Preghiere per i defunti da recitare per ricordare un caro scomparso

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Le preghiere per i defunti rappresentano l’ancora di salvezza che permette ai fedeli di uscire dallo smarrimento, dalla rabbia e dal dolore della perdita.

Lo scopo di queste orazioni però non si ferma qui. Grazie a quelle parole pronunciate con fede e amore, possiamo aiutare la persona cara in quel cammino di perdono e purificazione che ha come meta la promessa della vita eterna.

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Ricordare i defunti con una preghiera

“La preghiera salva gli esseri umani dalla disperazione, dalla tristezza e dal dolore più feroce”.

Così scriveva in una delle sue opere Léon Bloy, celebre scrittore francese che fa ha fatto della ricerca dell’Assoluto la meta della sua arte. Fin dalla notte dei tempi, l’uomo ha cercato negli angoli più nascosti della sua anima un balsamo per alleviare il dolore tremendo e devastante della morte. Laddove la ragione fatica a scendere a compromessi con la realtà, il ricorso al Divino rappresenta l’unica soluzione per non cedere allo smarrimento e alla solitudine.

La preghiera per una persona cara defunta è dotata di un potere unico nel suo genere. Da una parte si prende cura di chi subisce il lutto: aiuta a elaborare, conforta, mantiene vivo nella memoria il legame con chi non c’è più. Le preghiere diventano quindi la prova tangibile e concreta del nostro amore.

Il beneficio delle orazioni non aiuta soltanto chi rimane ma anche chi non c’è più. La preghiera per un defunto a noi caro purifica la sua anima dai peccati, abbrevia il percorso nel Purgatorio e lo avvicina sempre di più all’incontro con Dio.

Origini della preghiera

La preghiera nasce con l’uomo, basti pensare che le prime invocazioni scritte, risalenti al XXIII secolo a.C., sono state ritrovate nel tempio sumero di Enheduanna.

All’inizio le invocazioni sono strettamente connesse con il culto degli antenati, come nel caso dello shintoismo giapponese. I Greci, ma soprattutto i Romani, trasformano lentamente questo concetto: preghiere e sacrifici rappresentano quasi un accordo tra il fedele e la divinità.

Il contatto diretto con il Creatore diventa la caratteristica comune a molte religioni. Il Cristianesimo, ma anche l’Ebraismo e l’Islam, si appropriano di questo concetto inserendolo all’interno di rituali, tempistiche e modalità specifiche, riappropriandosi quasi del concetto antropologico di preghiera ovvero supplica. I primi cristiani pregano in piedi, di fronte al cielo con le braccia tese e a capo scoperto. Nel Medioevo le cose cambiano: ci si inginocchia, con le mani unite o intrecciate in un atto di completa resa al Divino.

Fin dalla sua nascita, il Cristianesimo ha portato con sé la convinzione che i vivi devono pregare e ricordare i propri morti. Ed è da questo piccolo seme che nasce, intorno al X secolo d.C., l’esigenza di riservare un giorno dell’anno alla Commemorazione dei defunti.

Il giorno dedicato alla commemorazione dei defunti

Il 2 novembre, il Giorno dei Morti, le famiglie si recano al cimitero per onorare i propri cari scomparsi: ma come è nata questa tradizione?

Secondo i teologi, tutto ha origine da un rito bizantino che celebrava i defunti il sabato prima della domenica di Sessagesima. Molti monasteri ereditarono questa usanza senza però fissare una data comune e uniforme. Fu Odilone di Cluny, quinto abate dell’omonimo monastero, a cambiare il corso degli eventi: nel 998 fece suonare le campane funebri dopo i riti del 1 novembre e il giorno dopo offrì l’Eucaristia “pro requie omnium defunctorum” ovvero in memoria di tutti in defunti. Da quel momento in poi il 2 novembre è diventata la data ufficiale dedicata alla Commemorazione dei defunti.

I credenti, in questo periodo, offrono le loro preghiere affinché i propri cari raggiungano il Paradiso. È il momento in cui quella sensazione di poterci prendere cura di chi non c’è più diventa concreta: la preghiera commemora le anime del Purgatorio, le aiuta, le sospinge verso il Divino. Non a caso la Chiesa concede in questo giorno l’indulgenza parziale o plenaria alle anime scomparse.

Questa data, preceduta da nove giorni dedicati alle preghiere per i defunti, è ricca di gesti simbolici. I celebranti sono vestiti di nero e viola, due colori associati da sempre all’idea della Penitenza e del rito funebre. I fedeli si recano al Cimitero, omaggiando le tombe dei propri cari con mazzi di fiori, preghiera e raccoglimento.

In varie parti del nostro Paese, il Giorno dei morti si celebra anche attraverso la preparazione di dolci particolari, come ad esempio il Pan dei morti, tipico della zona di Milano, Monza e Lodi

Il Giorno dei morti nel mondo

Se nel nostro Paese la giornata dedicata alla commemorazione dei defunti assume un sapore prettamente spirituale e intimistico, nel resto del mondo si arricchisce di una connotazione quasi gioiosa, basti pensare al Día de los muertos in Messico. I festeggiamenti, che prevedono anche sfilate in costume, sono preceduti da una lunga e complessa preparazione.

In India il Diwali si celebra il 24 ottobre e rappresenta il trionfo della luce sulle tenebre. In Cina, la commemorazione di chi non c’è più è particolarmente sentita: il 4 e il 5 aprile ci si reca sulle tombe per pulirle, si offrono al defunto cibo e altri oggetti che verranno bruciati in prossimità del sepolcro.

Le preghiere più belle

“Dio buono e misericordioso perdona a chi non c’è più tutti i peccati commessi con le parole, le opere e il pensiero. Perché non c’è uomo che viva e non pecchi; tu solo sei senza peccato, la tua giustizia è giustizia per sempre e la tua parola è verità”. Queste sono le ardenti parole di una preghiera antica che arriva direttamente dalla tradizione bizantina, versi che hanno attraversato indenni i secoli, fino a diventare una delle preghiere più belle da recitare per un defunto.

La Chiesa cattolica offre ai suoi fedeli numerose orazioni capaci di alleviare e confortare l’anima. La prima è il Rosario che, in questo caso, prevede una preghiera speciale alla fine di ogni decina di Ave Maria: “Signore, concedigli l’eterno riposo e fa risplendere la tua luce perpetua”.

Il salmo 129 o De Profundis rappresenta una delle invocazioni più belle e suggestive. Utilizzato anche nella religione ebraica, è una preghiera che immaginiamo sussurrata dallo stesso defunto nel percorso che lo porta dalla vita terrena a quella celeste: “L’anima mia attende il Signore, più di quanto una sentinella attende l’alba.”

La preghiera dettata da Gesù a Maria di Valtorta, da recitare nei nove giorni che precedono il 2 novembre, è particolarmente emozionante. Ne citiamo uno dei passaggi più celebri: ” Vergine Maria, allevia il nostro dolore liberando dalle pene i nostri cari defunti, e prega per noi che attendiamo l’ora di ritrovare l’abbraccio confortevole di chi abbiamo perso.”

Lasciamo la conclusione di questo articolo alle parole di Sant’Agostino, capaci di alleviare sia il dolore forte e straziante dei primi giorni, sia quello sordo ma costante dei mesi a venire:

“Pensa a questa bellissima casa, durante le tue guerre quotidiane, o quando ti sentirai solo e privo di conforto. Pensa a questa dimora celeste una casa dove la morte non esiste e dove insieme potremo godere e dissetarci dell’amore divino, fonte inesauribile di amore e felicità. Se mi ami veramente quindi, smetti di piangere e asciuga le tue gote.”